La Banca d’Italia ha comunicato, in data 7 aprile 2022, ai soggetti sui quali esercita la propria attività di vigilanza, le “aspettative di vigilanza sui rischi climatici e ambientali”: si tratta, in particolare, di una serie di “indicazioni di carattere generale non vincolanti” la cui “declinazione a livello operativo è rimessa al singolo intermediario”.

Pur non avendo un carattere cogente, è evidente che dette aspettative di vigilanza rappresentano un punto di riferimento estremamente importante ed imprescindibile, per pervenire all’integrazione dei rischi climatici e ambientali nelle strategie aziendali, nei sistemi di governo e controllo, nel risk management framework e nella disclosure degli intermediari bancari e finanziari vigilati.

Per di più, la stessa Banca d’Italia ha chiarito che avvierà, nel corso dell’ordinaria interlocuzione con i singoli intermediari, un primo confronto – già nel 2022 – sul grado di rispondenza alle aspettative e sui piani di adeguamento e che la relativa valutazione sarà inclusa nei percorsi di analisi di vigilanza.

Le indicazioni fornite da Banca d’Italia sono articolate in cinque paragrafi relativi a:

  1. governance;
  2. modello di business;
  3. presidi organizzativi;
  4. sistema di gestione del rischio;
  5. disclosure.

L’Autorità di vigilanza si riserva, in ogni caso, la possibilità di integrare il documento nel corso del tempo, per tenere conto dello sviluppo di best practices e dell’evoluzione del quadro normativo di riferimento, eventualmente ampliandolo anche alle tematiche sociali e di governance.

Il documento si pone in linea con analoghe iniziative già adottate dalla BCE (“ECB Guide on climate-related and environmental risks”) e dall’EBA (“EBA report on management and supervision of ESG risks for credit institutions and investment firms”) riprendendo la definizione di rischi climatici e ambientali. In particolare, fa riferimento a:

  • rischio fisico: si riferisce all’impatto economico derivante dall’atteso aumento di eventi naturali la cui manifestazione può essere definita “estrema” (come alluvioni, ondate di calore e siccità) ovvero “cronica” (ad es. il graduale innalzamento delle temperature e del livello del mare, il deterioramento dei servizi ecosistemici e la perdita di biodiversità);
  • rischio di transizione: si riferisce all’impatto economico derivante dall’adozione di normative atte a ridurre le emissioni di carbonio e a favorire lo sviluppo di energie rinnovabili, dagli sviluppi tecnologici nonché dal mutare delle preferenze dei consumatori e della fiducia dei mercati.

Entrambi i rischi si configurano come elementi che influenzano i rischi tradizionali, quali quelli di credito, di mercato, operativo e di liquidità. In ogni caso, benché le aspettative siano focalizzate sui rischi climatici e ambientali, possono essere considerate anche con riferimento alla categoria più generale dei rischi ESG (Environmental, Social and Governance), ove rilevanti per l’operatività dell’intermediario e tenuto conto delle prescrizioni normative di settore.

Come accennato sopra, il documento è rivolto a tutti i soggetti la cui attività è sottoposta ad autorizzazione e vigilanza della Banca d’Italia ai sensi del Testo Unico Bancario e del Testo Unico della Finanza (banche, SIM, SGR, SICAV/SICAF autogestite, intermediari finanziari ex Articolo 106 TUB e relative società capogruppo, istituti di pagamento, IMEL).

Anche in questo caso, è richiamato il principio di proporzionalità, nel senso che le indicazioni dovranno essere tenute concretamente in considerazione in base alla complessità operativa, dimensionale e organizzativa del singolo intermediario nonché alla natura dell’attività svolta.

La loro declinazione a livello operativo è rimessa dunque al singolo intermediario che dovrà svolgere in via autonoma approfondimenti e valutazioni per accertare la rilevanza delle tematiche in oggetto sulla base del proprio modello di business. Spetta alle singole aziende applicare le soluzioni maggiormente coerenti con l’effettivo grado di esposizione ai rischi, elaborando piani di adeguamento modulati in funzione della tipologia, dimensione e complessità delle attività svolte e dell’apparato aziendale.

Notevoli sono gli impatti a livello organizzativo e gli interventi da realizzare, che coinvolgeranno direttamente sia gli organi societari sia le singole funzioni (comprese quelle di risk management, compliance e internal audit). Tra l’altro, l’organo amministrativo degli intermediari è chiamato ad approvare un piano di iniziative, con l’obiettivo di integrare i rischi climatici e ambientali nella cultura e nella strategia aziendale, declinando in modo coerente le principali policy aziendali e l’adattamento dei sistemi organizzativi e gestionali.

In conclusione, la Banca d’Italia ha voluto rivolgere particolare attenzione, tra le componenti ESG, a quelle ambientali in quanto, nonostante la definizione e l’attuazione di politiche atte a contrastare gli effetti del cambiamento climatico siano principalmente il compito delle autorità governative, in questo contesto è rimasto centrale il ruolo del sistema finanziario: l’entità degli investimenti necessari per favorire la transizione richiede infatti l’apporto di risorse private, rendendo imprescindibile il ruolo dell’industria bancaria e finanziaria quale canale di indirizzamento dei flussi finanziari.

La Banca d’Italia ha dunque ritenuto importante che gli operatori predispongano idonei presidi e sviluppino adeguate prassi per identificare, misurare, monitorare e mitigare i rischi in parola, continuando a garantire il necessario accesso al credito e assistendo le aziende impegnate nel lungo e complesso processo di transizione con nuova finanza e adeguati servizi di consulenza.