La Banca d’Italia è tornata recentemente ad occuparsi delle tematiche ESG con la diffusione di un nuovo documento avente ad oggetto i rischi climatici e ambientali (Comunicazione n. 1940295/22 del 28/12/2022).

Va subito evidenziato che l’Autorità di Vigilanza, con la nuova comunicazione, ha previsto a carico degli intermediari finanziari, in linea con analoghe iniziative rivolte alle banche meno significative (LSI), un ulteriore obbligo, da assolvere peraltro entro un breve termine, ossia la predisposizione di un “Piano d’azione” volto a colmare le carenze riscontrate sul mercato dalla stessa Autorità rispetto alle “aspettative” di vigilanza. Tale Piano assume particolare rilevanza in quanto, oltre a dover essere approvato dal Consiglio di Amministrazione degli intermediari, dovrà essere trasmesso alla Banca d’Italia entro il 31 marzo 2023, previa valutazione anche del Collegio Sindacale. Inoltre, la stessa Banca d’Italia – per conferire ulteriore spessore al nuovo adempimento – ha enfatizzato che, a partire da quest’anno, il Piano d’azione sarà considerato anche nel processo di revisione e valutazione prudenziale (SREP) che l’Autorità svolge annualmente nei confronti di tutti gli intermediari vigilati.

Procedendo con ordine, è utile illustrare brevemente l’iter che ha portato la Banca d’Italia a questa nuova iniziativa.

Come è noto, nell’aprile scorso, l’Autorità di Vigilanza era già intervenuta per illustrare le proprie “Aspettative di vigilanza sui rischi climatici e ambientali” fornendo al riguardo utili indicazioni, definite però “non vincolanti”, per gli intermediari bancari e finanziari vigilati. Più in dettaglio, il precedente intervento era volto sostanzialmente a sensibilizzare gli intermediari verso l’integrazione di detti rischi in tutte le principali aree aziendali ossia: i) nei sistemi di governo e controllo; ii) nel modello di business e nella strategia aziendale; iii) nel sistema organizzativo e nei processi operativi; iv) nel sistema di gestione dei rischi; v) nell’informativa al mercato.

Successivamente, la Banca d’Italia ha condotto una indagine tematica distribuendo ad un campione di intermediari non bancari (86 in tutto) un questionario di autovalutazione, proprio per valutare il grado d’integrazione dei rischi climatici e ambientali in quattro delle aree sopra indicate.

L’esito dell’indagine non è stato soddisfacente, avendo rivelato un limitato allineamento alle suddette aspettative. Difatti, la Banca d’Italia, pur riscontrando una generalizzata attenzione alle tematiche ESG da parte dei vertici aziendali degli intermediari interpellati, nella maggior parte dei casi ha rilevato diffuse carenze, con ritardi nella realizzazione e, spesso, anche nella pianificazione degli interventi strutturali sui diversi profili.

Nella recente comunicazione di dicembre 2022, sono elencate anche le principali criticità emerse dall’indagine che possono essere riassunte secondo aree tematiche; in particolare:

A) riguardo a “modello di business e strategia”, è emersa una tendenza da parte degli intermediari a confondere il rispetto degli obiettivi di lotta al cambiamento climatico con la “mera integrazione in chiave green dell’offerta commerciale” senza una vera adozione di obiettivi misurabili;

B) in relazione alla “governance e al sistema organizzativo”, è stato riscontrato un basso grado di competenza sui temi climatici e ambientali, con la conseguenza che, nei sistemi di governance di una quota non trascurabile di società del campione esaminato, “il grado di coinvolgimento è parziale o, in alcuni casi, addirittura nullo”, accompagnato da una scarsa presenza negli organi amministrativi di competenze sui temi climatici e ambientali e, di conseguenza, da un insufficiente sistema di reporting;

C) con riferimento al “sistema di gestione dei rischi”, è stata riscontrata una alta inaffidabilità dei dati dovuta principalmente all’utilizzo di providers esterni che non garantiscono un’elevata attendibilità delle informazioni.

La Banca d’Italia, se da un lato ha individuato i punti di attenzione sopra descritti, dall’altro lato, ha indicato – nella stessa comunicazione – una serie di interventi da effettuare nell’ambito delle medesime tre aree tematiche in parola. L’elenco delle azioni da realizzare risulta molto articolato ed impegnativo; di seguito una sintesi delle misure indicate:

A.1. effettuare un’oggettiva valutazione della materialità dell’esposizione ai rischi climatici e ambientali e comprendere come questa possa influire sul modello imprenditoriale adottato dall’intermediario; affiancare, nel suddetto processo di valutazione, il più possibile metriche quantitative alle valutazioni di tipo qualitativo;

A.2. formalizzare adeguatamente gli esiti dele suddette valutazioni e, in funzione di essi, definire concrete strategie aziendali (o revisionare quelle esistenti) volte all’adattamento/mitigamento dei rischi climatici;

A.3. tradurre in target di sostenibilità misurabili l’impegno di integrare obiettivi di lotta al cambiamento climatico/ambientale nel modello di business; in tale ambito, procedere ad un puntuale monitoraggio circa l’effettivo grado di conseguimento degli obiettivi, da effettuare attraverso specifici indicatori di performance ambientale e climatica definiti in funzione dei diversi business model adottati;

B.1. svolgere attività di formazione, strutturata e ricorrente e non limitata a iniziative sporadiche, considerata la complessità delle materie e la loro continua evoluzione, in termini sia di conoscenze scientifiche sia di quadro normativo;

B.2. definire e formalizzare ruoli e responsabilità all’interno dell’organo amministrativo e/o dei comitati endoconsiliari;

B.3. assicurare un sistema di reporting efficace dotato di una adeguata periodicità;

B.4. rafforzare – anche attraverso l’individuazione di specifici parametri – la capacità delle politiche di remunerazione di promuovere comportamenti volti al raggiungimento degli obiettivi ESG;

B.5. valutare: i) la creazione e/o l’adeguamento di strutture aziendali dedicate al tema della sostenibilità ambientale; ii) il rafforzamento del coinvolgimento delle funzioni di controllo nel presidio dei rischi ESG; iii) l’integrazione dei sistemi informativi e la creazione di una base dati che fornisca gli elementi necessari a valutare l’esposizione ai rischi climatici e ambientali;

C.1. completare la mappatura degli eventi di rischio che potrebbero manifestarsi in relazione a fattori climatici e ambientali, valutando la materialità e le implicazioni di natura prudenziale; di conseguenza, determinare l’esposizione considerata accettabile, definendo un adeguato sistema di limiti e di indicatori di rischio integrando, ove presente, il Risk Appetite Framework;

C.2. concentrare l’attenzione sull’elaborazione di coerenti sistemi di monitoraggio e di reporting, quest’ultimo destinato anche ai vertici aziendali;

C.3. intensificare la ricerca di dati di buona qualità e l’attivazione di robusti sistemi di governo dei dati; adottare quindi opportuni presìdi – in termini di trasparenza delle fonti, aggiornamento dei dati, robustezza dei metodi di stima e adeguata validazione da parte delle funzioni aziendali competenti – volti a tutelare l’accuratezza delle informazioni utilizzate;

C.4. procedere con maggiore decisione nell’integrazione dei rischi in discorso nei processi del credito – in coerenza con i principi fissati in materia dall’EBA – e nelle strategie di investimento;

C.5. rafforzare, nell’ambito dei servizi di gestione di portafogli titoli (propri o di terzi), la capacità di misurare non solo il grado di “sostenibilità” degli investimenti, ma anche il possibile impatto sul pricing di eventi avversi legati al materializzarsi di rischi climatici/ambientali;

C.6. realizzare interventi che migliorino il presidio dei rischi di liquidità e di quelli operativi (legali, di reputazione e connessi con l’adeguatezza dei sistemi informativi).

Scorrendo l’elenco sopra riportato colpisce, oltre che il numero degli interventi, il diverso approccio utilizzato ora dall’Autorità di Vigilanza rispetto al precedente documento, nel quale – come detto – le indicazioni fornite erano definite “non vincolanti”. In altri termini, la Banca d’Italia ha ora evidenziato comunque l’esigenza di rafforzare l’impegno degli organi di vertice nell’individuare le modifiche da apportare agli assetti organizzativi e ai processi operativi. Viene però da chiedersi se il tempo – obiettivamente ristretto, considerato anche il particolare periodo dell’anno già denso di numerosi adempimenti (bilancio; relazioni annuali; ecc.) – e, soprattutto, le risorse finanziarie a disposizione degli intermediari siano sufficienti per centrare gli obiettivi auspicati. In vista della imminente scadenza del prossimo marzo, sicuramente appare opportuno e di buon senso fare riferimento al principio di proporzionalità, da declinare in base alla complessità operativa, dimensionale e organizzativa del singolo intermediario nonché alla natura dell’attività svolta, che – sebbene non citato in quest’ultima comunicazione – è stato espressamente richiamato dalla Banca d’Italia nelle “aspettative” diffuse nell’aprile 2022.

Francesco Costantino – Regulatory Consulting Srl